L’allergia all’uovo viene diagnosticata nella maggior parte dei casi in età pediatrica. Clinicamente, può manifestarsi attraverso reazioni principalmente IgE mediate, fino allo shock anafilattico. Per evitare diete di esclusione inutili, è importante saper raggiungere una diagnosi di certezza e saper utilizzare al meglio gli strumenti e le indagini diagnostiche che possano ottimizzare la presa in carico del paziente. L’allergologo deve dunque saper scegliere come procedere al meglio per distiguere a quali proteine il paziente è sensibilizzato e per mettere in evidenza nei confronti di quali sviluppa dei sintomi. L’uovo contine almeno 24 proteine allergeniche, ma sono soprattutto l’ovalbumina e l’ovomucoide quelle che permettono di distinguere le forme di allergia all’uovo cotto e crudo piuttosto che solo all’uovo crudo. Test cutanei e dosaggio di IgE specifiche sono dunque ancora una volta essenziali per scegliere che tipo di test di provocazione proporre al paziente, ma soprattutto per stabilire quando un test potrebbe rilevarsi positivo con elevata probabilità. Esistono in letteratura numerosi cut-off che permettono di definire la specificità dei test cutanei e del dosaggio dei ricombinanti allergenici dell’uovo, nonché il valore predittivo positivo di tali indagini. Risulta così a volte possibile raggiungere una diagnosi di allergia prima di eseguire il TPO. Negli altri casi, invece il test di provocazione deve essere eseguito, secondo determinate regole che permettono di ottimizzare la diagnosi, e limitare i rischi per il paziente.