L. Pecoraro, S. Infante, V. Fuentes-Aparicio, et al.
Pediatr Allergy Immunol 2021 Feb 19. https://doi.org/10.1111/pai.13481
La diagnosi di allergia IgE-mediata al pesce si fonda su anamnesi del paziente, prove allergometriche cutanee, quantificazione in vitro degli anticorpi IgE diretti contro specifiche proteine del pesce e test di provocazione orale per il tipo di pesce coinvolto nella reazione allergica, da eseguirsi in ambiente ospedaliero. Il principale allergene identificato è una proteina chiamata “parvalbumina”, ubiquitaria in tutte le specie ittiche. Nello specifico, il 90% dei pazienti affetti da allergia IgE-mediata al pesce reagiscono a questa proteina, definita “cross-reattiva” per tali caratteristiche. Pertanto, esiste un’importante cross-reattività tra le differenti specie ittiche e sia gli skin prick test (SPT) che le IgE specifiche (sIgE) risultano spesso positive per differenti pesci. Lo stato dell’arte attuale in merito alla terapia dell’allergia IgE-mediata al pesce è che un paziente affetto da tale tipo di allergia deve ricorrere alla dieta di eliminazione sia della specie di pesce implicata nella reazione allergica che di tutte le altre specie di pesce. Esistono due motivazioni per tale condotta terapeutica: in primo luogo, la possibile cross-reattività tra le differenti specie ittiche; in secondo luogo, la mancanza di facilità di distinzione di alcuni pesci tra loro al momento dell’assunzione. Allo stesso tempo, l’esperienza clinica ha dimostrato che il paziente affetto da allergia IgE-mediata al pesce può tollerare alcune specie di pesce, che possono essere reintrodotte nella dieta di un bambino allergico a uno specifico tipo di pesce, verificandone la tolleranza mediante test di provocazione orale in ambiente ospedaliero. Inoltre, da non sottovalutare la problematica che, in età pediatrica, è comune la diagnosi di allergia al pesce prima del compimento dei 2 anni di vita, spesso in coincidenza con la prima assunzione di una specie ittica nella dieta. In tali casi, è necessaria la rigorosa esclusione del pesce dalla dieta a domicilio, seguendo successivamente uno specifico iter diagnostico, finalizzato alla reintroduzione progressiva nella dieta di alcune specie ittiche, a partire da quelle con maggiore possibilità di tolleranza alimentare. Fino al momento in cui non si attesti la tolleranza a una determinata specie ittica, la sua assunzione deve essere vietata nella dieta. Altresì, è noto che alcuni pesci, come il tonno, sono meno allergenici. La parvalbumina è contenuta principalmente nel muscolo bianco del pesce e ha le caratteristiche di proteina termostabile, non degradabile né dal calore né dalla processazione gastrica. Specie distinte di pesci, come il tonno e il pesce spada, contengono una percentuale maggiore di muscolo rosso; di conseguenza hanno un basso contenuto di parvalbumina rispetto ad altri pesci. Alcuni processi industriali possono indurre cambiamenti nell’allergenicità della proteina parvalbumina. Nello specifico, il processo di inscatolamento, connotato da una cottura del pesce sotto pressione per un tempo pari a circa 7 ore, può comportare un cambiamento conformazionale della parvalbumina, rendendola meno allergenica. Sulla scorta di tali considerazioni, recenti studi inerenti l’allergia non IgE-mediata al pesce hanno analizzato la possibilità di un iter terapeutico alternativo all’evitamento di tutte le specie di pesce dalla dieta, dimostrando la tolleranza di alcune specie ittiche non correlate al pesce offendente, in modo da evitare restrizioni dietetiche non necessarie. Sulla base di queste evidenze, per evitare l’eliminazione di tutte le specie ittiche dalla dieta dei bambini affetti da allergia IgE-mediata al pesce, potrebbe essere possibile valutare un test di provocazione orale (TPO) per alcune specie di pesce al fine di confermare tale possibilità di tolleranza.
è stato quindi condotto uno studio retrospettivo osservazionale su tutti i bambini con una diagnosi nota di allergia IgE-mediata al pesce e in dieta di esclusione di tutte le specie di pesce, che hanno svolto una valutazione allergologica pediatrica presso l’Ambulatorio di Allergologia Pediatrica dell’Ospedale Gregorio Marañón, sito a Madrid, Spagna, tra il 1 ° gennaio 2018 e il 31 ottobre 2019. Lo scopo di tale studio è quello di contribuire alla definizione di un piano sicuro di rivalutazione dei bambini affetti da allergia IgE-mediata al pesce, valutando il tonno in scatola come il primo tipo di pesce introdotto nella dieta di questi pazienti. Nello specifico, i pazienti selezionati sono stati sottoposti a un TPO per tonno in scatola, eseguito come primo step dell’iter diagnostico-terapeutico. Tale TPO è stato eseguito offrendo al bambino il tonno contenuto in una lattina da 90 g in quantità progressivamente crescenti. Nell’ambito dell’iter diagnostico, sono stati eseguiti sia gli SPT-tonno che dosaggio delle sIgE-tonno, ritenendo attendibili i test allergologici eseguiti entro 6 mesi dall’esecuzione del TPO per tonno in scatola. Sono stati selezionati 25 bambini (20 maschi, 5 femmine) con allergia IgE-mediata al pesce. Nel complesso, sono stati eseguiti 26 TPO per tonno in scatola. L’età media al momento del TPO è stata di 75 mesi (range 26-214 mesi). L’80% dei pazienti aveva una comorbidità atopica. Il merluzzo è stato il pesce più comunemente implicato (33%) nella reazione allergica. Gli SPT-tonno sono risultati positivi in 9 casi e negativi in 14 casi. Le sIgE-tonno hanno avuto un riscontro di positività in 15 casi e negatività in 9 casi. 24 pazienti hanno superato il TPO per tonno al primo tentativo. Un paziente ha fallito tale TPO, ma è riuscito a superarlo dopo 697 giorni. Di conseguenza, il 96% del totale di TPO per tonno in scatola è stato superato al primo tentativo. Contestualmente, il 100% dei pazienti è stato in grado di tollerare il tonno in scatola. Nessuna correlazione statisticamente significativa è stata riscontrata tra SPT-tonno e il risultato del TPO per tonno in scatola. Lo stesso è accaduto nel confronto sIgE-tonno e risultato del TPO per tonno in scatola. Inoltre, l’anamnesi relativa al periodo di tempo in cui il paziente era in dieta di esclusione per tonno (più o meno di 2 anni dalla diagnosi di allergia IgE-mediata al pesce) non appare correlata al profilo allergenico (SPT-tonno, sIgE tonno) di quel paziente. L’assenza di significatività statistica tra correlati anamnestici e test diagnostici allergologici appare inoltre in linea con l’analisi dei dati del paziente che ha fallito il TPO per tonno in scatola al primo tentativo e lo ha superato successivamente. La possibile spiegazione di questo fenomeno potrebbe essere spiegata sia dalle peculiarità della proteina allergenica parvalbumina che dal suo cambiamento conformazionale, che avviene durante il processo di inscatolamento del pesce. Di conseguenza, si può ipotizzare che sia l’anamnesi che i test diagnostici eseguiti siano riferiti su un alimento, quale il tonno fresco, con differenti peculiarità rispetto al tonno in scatola. In altre parole, le caratteristiche proprie del tonno e il processo di inscatolamento rendono il tonno in scatola un pesce diverso dal tonno fresco e da altre specie. A ogni modo, questo studio presenta alcune limitazioni. In primo luogo, la ridotta dimensione della coorte di pazienti, a causa della scarsa prevalenza dell’allergia IgE-mediata al pesce. In secondo luogo, è uno studio monocentrico. Inoltre, le informazioni anamnestiche sono segnalate dai genitori dei bambini; di conseguenza, alcuni pazienti potrebbero essere stati classificati erroneamente. In conclusione, i bambini affetti da allergia IgE-mediata al pesce sembrano mostrare un elevato grado di tolleranza per il tonno in scatola. Sia gli SPT-tonno che le sIgE-tonno non sembrano rappresentare un fattore prognostico per l’esito del TPO per tonno in scatola. Poiché gli SPT-tonno e le sIgE-tonno non sembrano correlate alla possibilità che il paziente tolleri il tonno in scatola, il TPO per questo tipo di pesce, sottoposto a processazione, rappresenta l’unica procedura diagnostica per verificarne la tolleranza.