S. Halken, A. Muraro, D. de Silva, et al., European Academy of Allergy and Clinical Immunology Food Allergy and Anaphylaxis Guidelines Group
Pediatr Allergy Immunol 2021;32:843-858. https://doi.org/10.1111/pai.13496
Il recente Documento 2021 dell’European Academy of Allergy and Clinical Immunology (EAACI) riguardo la prevenzione di allergie alimentari nei neonati e bambini piccoli, contiene interessanti novità rispetto al precedente Documento del 2014 sempre sullo stesso argomento. Partendo dal cruciale tema di un’eventuale integrazione all’allattamento materno (LM) ove esso risultasse insufficiente o assente, ovvero qualora ci si trovi “in attesa della montata lattea” (primissimi giorni di vita, quindi), il documento EAACI 2014 raccomandava un’eventuale formula ipoallergenica solo nei neonati ad alto rischio di atopia. In pratica secondo l’EEACI sussistevano prove sufficienti per raccomandare un latte idrolisato, al fine di prevenire un’allergia alle proteine del latte vaccino (APLV), solo appunto nei neonati ad alto rischio e per i primi 4 mesi di vita. Riguardo il tipo di latte ipoallergenico da raccomandare, i numerosi studi al riguardo portavano a conclusioni differenti: secondo alcuni anche le formule parzialmente idrolisate sembrano poter avere un effetto protettivo, altri, come lo Studio GINI, concludevano che una formula di siero di latte ampiamente idrolizzata era inefficace per la prevenzione, per altri ancora una formula di siero di latte ampiamente idrolizzata si dimostrava efficace, qualche lavoro riportava l’efficacia di una formula ampiamente idrolizzata di caseina, alcuni infine evidenziavano la superiorità degli idrolisati, sia di siero che di caseina, nei confronti dei latti con idrolisi parziale. Non c’erano invece prove efficaci a favore di una qualsiasi azione preventiva dei latti derivati dalla soia. Trascorso il periodo dei 4 mesi, comunque, anche il lattante a rischio poteva passare al normale latte vaccino adattato, al pari di un lattante non a rischio. Nel Documento 2021 della Task Force dell’EAACI viene espressa invece la precisa raccomandazione di evitare un’integrazione con latte vaccino di formula (LVF) nella prima settimana di vita onde prevenire l’insorgere di APLV in tutti i neonati e bambini piccoli e tale raccomandazione viene tuttavia basata su un unico lavoro di Urashima et al. Andando a leggere lo studio, si evince che i lattanti arruolati erano tutti lattanti a rischio: ci si chiede quindi il perché tale raccomandazione la si debba poi automaticamente estendere ai lattanti sani. Inoltre, c’è da aggiungere che nel lavoro in questione, l’”avoiding” era limitato ai primi 3 giorni di vita : per quale motivo allora estendere la raccomandazione ai primi 7 giorni?
Da sottolineare, tra l’altro, come da un punto di vista strettamente pratico tutto questo incontrerebbe grosse difficoltà. Se infatti da un lato, nell’immediato dopo parto (24-48 ore di vita), quando il neonato si trova ancora in ambiente ospedaliero, in attesa della montata lattea, sarebbe auspicabile la sola soluzione glucosata, sappiamo bene come purtroppo il più delle volte l’integrazione sia regolarmente costituita dal “comodo latte adattato di turno” (immagino nessuno in ospedale si sognerebbe mai di dare a un lattante sano un idrolisato); a maggior ragione dalla dimissione ospedaliera al 7 giorno di vita il ricorrere, come da raccomandazione EAACI, in carenza di LM, all’eventuale uso o aggiunta di latti idrolisati sostitutivi incontrerebbe notevoli difficoltà in primis da parte della stessa famiglia sia per i costi che per la scarsa palatabilità dei medesimi e per giunta sarebbe in antitesi con le abituali abitudini prescrittive dei pediatri del territorio. Il tutto, tra l’altro, come abbiamo visto, non supportato da alcuna evidenza scientifica. Queste sono le ragioni per cui, almeno secondo le attuali evidenze scientifiche, qualora per vari motivi (insufficiente o assente LM), si debba scegliere un latte per il neonato, la scelta debba sempre ricadere sul LVF. Un aspetto interessante potrebbe a questo punto essere inerente alla sospensione del LVF, qualora dopo i primi giorni di vita il lattante inizi ad assumere esclusivamente il latte della mamma (LMS). Esistono infatti concrete possibilità che il lattante, passato dai primi biberon di LVF a esclusivo LM, alla reintroduzione successiva di LVF possa presentare reazioni anche gravi. Una soluzione potrebbe essere quella di continuare a far assumere giornalmente al bambino piccole quantità di LV: uno studio recente tende appunto a dimostrare come il continuare ad assumere piccole quantità giornaliere di LV (10 ml), durante il proseguimento “naturale” con LMS, almeno per il primo mese di vita, abbia una funzione protettiva sullo sviluppo di una successiva APLV. Altro argomento rilevante del Documento EAACI 2021 risulta essere la raccomandazione di introdurre nell’alimentazione del lattante l’uovo purché espressamente ben cotto al fine appunto di prevenire l’allergia alle proteine dell’uovo (il Documento recita testualmente “introducing well-cooked hen’s egg but NOT raw or uncooked to prevent egg allerg”). Vengono sì citati al riguardo alcuni lavori, sia sull’uovo cotto che sull’uovo crudo o pastorizzato, ma in realtà proprio la lettura degli stessi desta qualche perplessità su come poi l’EAACI sia potuta giungere a formulare la suddetta raccomandazione. Innanzitutto sia lo studio EAT, che lo studio PETIT, nonché il lavoro di Palmer et al., sono stati tutti condotti su bambini con eczema. Un altro lavoro di Perkin et al., oltre a essere gravato da un numero molto basso di aderenza al protocollo, ha comunque semplicemente concluso che non ci sono prove a favore di un ruolo preventivo dell’introduzione precoce di alimenti sullo sviluppo di allergia alimentare; stessa conclusione nel lavoro della Bellach et al. che si limita a far notare come non ci siano prove che l’uovo dato tra i 4 e i 6 mesi prevenga la sensibilizzazione o l’allergia (e qui i bambini ricevevano albume in polvere). Infine, un altro lavoro di Palmer riguardante l’assunzione di uovo crudo tra i 4 e i 6 mesi, conclude peraltro che tale assunzione non comporta un aumento del rischio di allergie alle proteine dell’uovo all’età di 1 anno e che l’uovo pastorizzato può essere somministrato tranquillamente al lattante già dai 4-6 mesi di vita. Insomma, al di là di comprensibili e ormai ben radicati principi di cautela, retaggio per lo più del bagaglio culturale di alcune “Scuole di Pensiero”, se da un lato le attuali conoscenze scientifiche sembrano ormai concordi sulla possibilità di somministrare l’uovo al lattante sano già dai 4 mesi di vita, non sembrano peraltro esistere al momento solide evidenze scientifiche che l’uovo debba comunque essere somministrato “ben cotto”.