La malattia da Coronavirus, causata dal virus SARS-CoV-2, rappresenta la patologia su cui negli ultimi 2 anni si è maggiormente focalizzata l’attenzione di molti studi e pubblicazioni scientifiche.
Uno degli aspetti maggiormente studiati è sicuramente quello correlato alla molteplicità delle manifestazioni cliniche riscontrate nei pazienti, tra cui dispnea, tosse, febbre, astenia, artromialgie, diarrea, vomito, cefalea, ecc., con relativi diversi livelli di gravità. Tenendo anche conto che alcuni soggetti rimangono asintomatici, la diagnosi non risulta sempre agevole, incrementando potenzialmente il rischio di diffusione dell’infezione.
In aggiunta, tra i sintomi associati alla malattia da Coronavirus vi sono anche quelli legati alle alte vie respiratorie, come rinorrea, starnuti, congestione nasale, faringodinia. Tra l’altro, questa categoria di sintomi sembrerebbe essere prevalente nei soggetti colpiti dalla variante “omicron” del virus SARS-CoV-2, attualmente prevalente in Italia, come riportato da alcuni studi recenti. Quanto descritto sarebbe coerente col processo di “adattamento evolutivo” del virus nei confronti dell’uomo che, pur incrementando la sua contagiosità, sembrerebbe essere meno “pericoloso” dal punto di vista della possibile evoluzione clinica verso l’insufficienza respiratoria e l’exitus, che ha portato nel 2020 al lockdown generalizzato in diversi paesi.
Tale aspetto è di fondamentale importanza, se pensiamo che non esiste solo il SARS-CoV-2, ma tantissimi altri virus capaci di attaccare le vie respiratorie alte, ad esempio altri Coronavirus, i virus influenzali e parainfluenzali. Inoltre, i sintomi sopra descritti possono riscontrarsi anche in altre condizioni, come le comuni riniti allergiche, complicando il processo di diagnosi differenziale.
Per prevenire ulteriori chiusure non necessarie di servizi essenziali, come le scuole o gli uffici pubblici, il triage richiesto per una precoce identificazione del virus richiede un ulteriore miglioramento.