Allergia alle arachidi: approccio diagnostico
a cura della Commissione Diagnostica della SIAIP: Carla Mastrorilli 1, Stefania Arasi 2,3, Simona Barni 4, Davide Caimmi 5, Pasquale Comberiati 6, Lucia Diaferio 7, Umberto Pelosi 8, Francesco Paravati 9
1 Centro di Allergologia e Immunologia Clinica, Clinica Pediatrica, Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Parma; 2 Unità di Allergologia, Dipartimento di Pediatria, Università di Messina; 3 Allergologia Molecolare ed Immuno-modulazione, Dipartimento di Pneumologia Pediatrica ed Immunologia, Università Charité, Berlino, (Germania); 4 SODc Allergologia, Azienda Ospedaliera Universitaria A. Meyer, Firenze; 5 Unità di Allergologia, Ospedale Universitario di Montpellier (Francia); 6 Clinica Pediatrica, Università di Verona; 7 UOC Pediatria, Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico Ospedale Giovanni XXIII, Università degli Studi di Bari; 8 Unità Pediatrica, Ospedale Santa Barbara, Iglesias; 9 UOC Pediatria Ospedale San Giovanni di Dio, Crotone
L’allergia all’arachide è una delle allergie più frequenti in età pediatrica nei paesi occidentalizzati, con una prevalenza di 0,5-1,8%. Tali dati variano da paese a paese in linea con il consumo dell’alimento. Tale allergia diversamente da altre (latte e uovo) in genere non si risolve spontaneamente con l’età. I semi di arachide (dal greco αραχίδα), (Arachis hypogeaea), appartengono alla famiglia delle Fabaceae o Leguminosae. Le arachidi si consumano più comunemente intere, tostate o fritte, in pasta (burro di arachidi), o sotto forma di olio. Hanno un alto valore proteico (25-30%) e contengono vari allergeni. La processazione sembra essere importante perché la tostatura ad alte temperature verosimilmente promuove la formazione di aggregati proteici compatti che possono incrementarne l’allergenicità. Viceversa, altre modalità di cottura (ad esempio la bollitura) possono ridurne il grado allergenico. Le vie di sensibilizzazione sono l’ingestione, l’inalazione ed il contatto.