L’allergia all’arachide (A-Ara) è tra le allergie alimentari più pericolose e con maggior impatto sulla qualità di vita dei pazienti, a causa della bassa probabilità di risoluzione spontanea e del rischio di reazioni anafilattiche gravi e anche fatali. Attualmente non esistono trattamenti approvati per l’A-Ara e la gestione si limita all’eliminazione rigorosa dell’alimento dalla dieta e alla prescrizione di adrenalina auto-iniettabile per eventuali reazioni gravi. Ciononostante, il rischio di esposizioni accidentali rimane molto elevato, soprattutto in età pediatrica.
Nell’ultimo decennio diversi studi hanno esaminato la possibile utilità dell’immunoterapia allergene-specifica per il trattamento dell’A-Ara. In questo contesto l’immunoterapia sottocutanea (SCIT) ha mostrato uno scarso profilo di sicurezza, mentre quella sublinguale (SLIT), sebbene ben tollerata, ha dimostrato di indurre modesti benefici clinici. L’immunoterapia orale (OIT) è ad oggi l’opzione maggiormente efficace, sebbene risulti una soluzione poco ottimale, per le frequenti reazioni avverse (con necessità anche di adrenalina), la bassa percentuale di raggiungimento di tolleranza a lungo termine, i tempi e i costi della procedura in termini di risorse sanitarie.
L’immunoterapia epicutanea (EPIT) è una modalità emergente per il trattamento dell’A-Ara, che prevede la somministrazione di proteine allergeniche dell’arachide per via epicutanea mediante un patch (cerotto) applicato sulla cute. L’EPIT ha dimostrato di essere una promettente alternativa in studi pre-clinici su animali e in uno studio pilota su bambini allergici al latte vaccino.
Dopo lo studio di fase I sulla sicurezza dell’EPIT nei soggetti con A-Ara, in questo lavoro Jones e collaboratori ne hanno valutato l’efficacia desensibilizzante, la sicurezza e l’effetto immunomodulante dopo 52 settimane di trattamento.